Il leggero passante
E’ una riflessione scritta nel mese di aprile del 2015: non credevo che l’idea del “leggero passante” andasse a finire dentro il PUMS di Pescara e per certi tratti addirittura realizzato. Ma così sembra.
PESCARA – Il ragazzo, non italiano e che ormai conosco da un po’, che vende frutta e verdura vicino casa mia, l’altro giorno mi dice: “Bravo, tu sempre in bici”. E indicandomi la sua attaccata al palo aggiunge con soddisfazione: “Anch’io da quattro anni che sono qui sempre uso la bicicletta”. Qualche mese fa, lungo la pista ciclabile sull’argine nord del fiume, era Guadalupe, cilena di Santiago, intenta a indossare la mantellina anti pioggia, a dirmi che Pescara per il traffico è “un’isola felice” e che la bicicletta la si può usare sempre, anche quando piove.
Ma quanti consensi di questo tenore si potrebbero raccogliere tra i cittadini Pescaresi se si facessero un po’ di interviste in giro? Forse tanti! Il periodico rilevamento fatto da FIAB Pescarabici a settembre, nell’ambito della “Settimana europea della mobilità”, segnala ormai come costanti tremila ciclisti in transito in solo due ore e in una decina di “caselli di controllo”.
Il diffuso uso della bici non è un fenomeno recente: io stesso negli anni settanta andavo al liceo in bici, lungo la Tiburtina. Ma sicuramente in questi anni si è accentuato e, come fatto innovativo di mobilità urbana e non solo, sta assumendo una connotazione nuova, più collettivamente consapevole. Anche se, ripeto, si tratta di una faccenda vecchia: prima che l’automobile occupasse tutte le strade, oggi soprattutto stando ferma, c’era infatti la bicicletta.
Eccoci nella storia, quindi, e conseguentemente a parlare di futuro. Quale?
Pescara, con poche migliaia di ettari di estensione, forse meno di duemila considerando solo la parte pianeggiante, è solcata da poco più di 250 km di strade, a cui si aggiungono una ventina di km di piste ciclabili. Che fare di questi spazi se, a fronte di un ipotetico sondaggio, venisse fuori una richiesta robusta di spazi ciclabili nuovi, dedicati e non? Personalmente uso con assiduità quello che c’è, come tutti forse, ma lavoro anche molto di fantasia, immaginando cose che non ci sono ma che invece potrebbero facilmente esserci, a partire da una rete ciclabile completa, da cui una volta entrati in bici non si debba più uscire, come in prossimità di attraversamenti e incroci, senza ostacoli né saliscendi e scalini e senza giri tortuosi, con una segnaletica dignitosa e dedicata che ti guidi e ti accompagni.
E ancora immagino …
Immagino campagne pubblicitarie, attività di formazione e di educazione nelle scuole, un ufficio comunale dedicato, immagino un numero verde, una app, agevolazioni fiscali per chi usa la bici. Ma immagino anche spazi ciclabili più ampi su cui invece transitare affiancati, almeno in coppia, e meno corsie monoutente (single track) e ad uso promiscuo. Immagino servizi dedicati, con piccole ciclo officine, anche non presidiate, con attrezzi e ricambi. Immagino spazi di sosta sicura, di incontro, di ristoro. E conseguentemente immagino una città più silenziosa, più verde, più pulita, più sana, più spaziosa, più bella, più sicura, più amica. Come se, facendo spazio alla bicicletta, venisse attraversata da un flusso rigenerante, che guarisse da tutti i mali e facesse passare i dolori, una sorta di … ecco, un leggero passante ciclistico (pedala che ti passa…).
Lo immagino anche fisicamente: un tracciato che in parte esiste e che perfezionato potrebbe contaminare tutte le aree servite. Il leggero passante ciclistico in effetti c’è già a nord e coincide con l’intera strada parco. Poi potrebbe attraversare, senza perdere natura e dimensioni, l’area di risulta della stazione; poi salire un po’ di quota e affiancarsi alla ferrovia per finire dentro il vecchio ponte di ferro; quindi continuare dentro lo scalo merci ferroviario, per scendere e passare nei pressi del Tribunale, e così avanti fino a lambire la Riserva Dannunziana.
Il percorso
Dal leggero passante è quindi possibile connettersi alla rete ciclistica urbana con raccordi di ingresso e uscita, come ad esempio quello che collega la pista ciclabile lungo fiume nord al ponte di ferro, nelle adiacenze del Circolo Canottieri, struttura il cui recupero potrebbe essere felicemente condizionato dalla presenza e dall’uso delle due ruote come punto bike friendly. Da qui si ci si può collegare al tracciato ciclabile del lungo fiume nord che va verso est, fino al Ponte del Mare, e quindi a tutta la riviera, oppure verso ovest, in direzione Fosso Grande – Santa Teresa di Spoltore, zone di sviluppo di ipotetici polmoni verdi di area periurbana. Oppure, scendendo dal ponte di ferro, ci si può connettere al tracciato turistico del lungo fiume sud, in direzione ovest, verso l’entroterra, dentro l’ipotetico parco fluviale. E ancora, più a sud, collegarsi al previsto “corridoio verde”, asse viario leggero in fase di progettazione, di raccordo con la parte più orientale di Sambuceto soggetta ad interventi di rigenerazione e riqualificazione urbana. Naturale, infine, è il raccordo con la Riserva Dannunziana e quindi con la parte sud della città. “Bike-to-Coast” dovrebbe coincidere con questo tracciato, meno con la rete ciclabile locale della riviera, di cui dovrebbe costituire solo una articolazione locale, tra l’altro già insufficiente per soddisfare la domanda massiccia della bella stagione.
Il Biciplan
Il Biciplan prossimo venturo del Comune di Pescara è una tappa obbligata per lo sviluppo sostenibile della mobilità cittadina, elaborato magari anche con i Comuni contermini all’interno di un ampio Piano Urbano della Mobilità Sostenibile (PUMS). I tempi sono più che maturi per aprire una riflessione e un confronto sul futuro di questa città, magari “della bicicletta” prima ancora che “dei motori”.