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In bici, per mano

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Una formazione che non sembra a norma del codice della strada, e invece lo è; e questo modo di procedere contiene in se un messaggio forte e chiaro, e se vogliamo anche rivoluzionario (perché no?) che in tanti cercano di infilare a parole nelle proposte e nei progetti di pianificazione della nuova mobilità urbana, innovativa e sostenibile, dove però alla fine l’utenza vulnerabile, debole, come quella nella foto, non ha dimora, né posto, né spazio.
E’ l’immagine di due generazioni che si danno la mano, sulle due ruote, su una ordinaria strada urbana, sede di una carreggiata a diverse corsie automobilistiche, e nessuna per le bici; la bimba non inforca i pedali, forse è troppo pericoloso, e quindi è ancora trasportata e tende il braccio per un ulteriore contatto di sicurezza.
In generale dubito che il limite 30, che non sia inserito in una “ZONA 30” (altra cosa), come anche una pista/corsia ciclabile di concezione progettuale ancora “monoutente”, possano consentire una tale opportunità, laddove dove solo abili adulti possono muoversi agevolmente. Bambini o utenti meno prestanti, magari con difficoltà a procede su una linea retta, sono esclusi da situazioni promiscue e da tracciati dedicati, finanche in sede propria, come vengono meno le occasioni di accompagnamento, per i soggetti deboli, e di socialità, contro la solitudine imposta dalle minime dimensioni delle ciclovie urbane.
Ecco cosa banalmente chiede l’immagine: più spazio, più sicurezza e più “accudimento passivo”, che possono essere garantiti solo da infrastrutture riservate e idonee alla mobilità attiva, di chi si sposta con le proprie forze o anche facendo ricorso a quelle a più basso dispendio di energia.
Bisogna passare di qua se si vogliono costruire le città sostenibili del terzo decennio, e magari aiuta farsi accompagnare per mano, e in bici, dalle future generazioni, che in fondo, vista la velocità dei cambiamenti climatici, siamo già anche tutti noi.
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