Di Giancarlo Odoardi

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In Via Marconi serve una piramide a rovescio

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La velocità – Per comodità di calcolo, e senza distanziarci molto dalla realtà, neanche dalla migliore auspicabile, consideriamo come 20 km/h la velocità media di un bus a Pescara. A questa andatura, per percorrere i 1.600 metri di Via Marconi ci vogliono 5 minuti. In bicicletta, o monopattino, si impiega praticamente lo stesso tempo. A piedi, con una buona andatura (6 km/h), si arriva a 15 minuti. Quanto si impiega con un auto? Di notte, potendo procedere a 50 km/h, 2 minuti. Ma se è presente il limite di 30 km/h, allora i minuti diventano 3. Di giorno, dipende ovviamente dal traffico: ipotizziamo 5, come un bus.

Lo spazio – Le corsie per gli autobus occupano 7 metri di larghezza. Anche quelle per le auto. E sono 14. Sul lato mare c’è uno spazio di 2 metri, non continuo, per un parcheggio in linea, che porta l’ampiezza massima della strada a  16 m. I marciapiedi sono ad assetto variabile: da poco più di un metro, per lunghi tratti, quasi in trincea, a circa 5 metri, in alcune, poche, situazioni. Per le bici non vi è uno spazio, almeno dedicato: possono andare in promiscuo con le auto, con un ingombro ipotetico di 1,5 m. Prese le misure, cerchiamo ora di capire come funziona questa strada.

 

Mezzo considerato A piedi Bici – Monopattino Bus Auto/Moto (con zona 30)
Spazio (sezione) 1 – 5 m Nessuno dedicato 7 m 7 m + 2 parcheggio
% su sez. max 20 m* 10%* da 0% a 7%* 35% 45%*
Transito (tempi) 15′ 5′ 5′ Variabile: da 2′ (limite 50) a 3′ (limite 30)
Servizi: residenza Massima Ottima Buona Incerta – Bassa
Servizi: commercio Massima Ottima Discreta Incerta – Bassa – Critica

* Abbiamo considerato la larghezza dell’intera carreggiata in 20 metri, compresi i marciapiedi. In questi, valutati nella misura regolamentare di 1,5 m, è stato inglobato lo spazio occupato dall’alberatura stradale, per arrivare a 2 metri, il 10% dell’intera sezione. Per bici e monopattini, non esistendo spazio dedicato, è stato considerato congruo quello di un ipotetico ingombro pari alla larghezza minima di una corsia ciclabile in sede riservata, cioè 1,5 m. Per le auto e le moto è stata considerata anche la corsia parcheggio lato mare.  

Gli ingombri – La prima considerazione è legata allo spazio dedicato ai diversi vettori: ai pedoni tocca quello minore, il 10%, avendo tra l’altro inglobato in questo anche l’ingombro dell’alberatura stradale. Poi alle bici e ai monopattini, con il 7%, con l’ipotetica occupazione ciclabile di parte della corsia destinata alle auto; quindi ai bus, nella misura del 35%, e infine alle auto, con il 45%. Se togliamo lo spazio dell’alberatura stradale e della effimera pista ciclabile, le auto hanno più spazio di tutte le altre mobilità messe insieme. Tra l’altro le “altre” sono quelle sostenibili, cioè più congruenti con l’ambito progettuale ed economico di riferimento dell’opera, cioè la strategia Sviluppo Urbano Sostenibile (SUS).

Funzione transito – Valutiamo l’ipotesi in cui nessuno si ferma. L’auto e la moto di notte sono i mezzi più veloci ad attraversare l’intera strada, potendo procedere alla velocità massima consentita di 50 km/h; ma se ci fosse il limite di 30 allora i minuti salirebbero da 2 a 3. Di giorno dipende dal traffico, sia quello di transito ma soprattutto legato alla fruizione dei servizi, per cui i minuti potrebbero salire a 5 e oltre.

Funzione servizi commerciali – Anche in questo caso la massima funzione di servizi la si ottiene ovviamente andando a piedi, non essendovi elementi conflittuali, in termini di accessibilità, tra esercizio commerciale e strada; ottima anche quella riferita alla bicicletta o al monopattino, per le caratteristiche di prossimità di accesso che i due mezzi possono garantire, avendo bisogno a volte solo di un ridotto spazio sosta; discreta quella fornita dal bus, con una prossimità legata alle fermate, gravata da vincoli temporali che però possono essere noti e gestiti. Incerta, bassa e critica quella riferita all’auto, meno alla moto, in presenza di traffico e soprattutto perché fortemente penalizzata dalla necessità del parcheggio, che allunga i tempi di fruizione dei servizi, ma a volte addirittura ne determina la rinucia.

Variabili – Sono tante le condizioni di variabilità dei contesti di riferimento, come l’intorno stradale, le distanze, il tempo meteorico, l’ingombro delle merci, l’orario di transito, come anche l’età nonché l’abilità fisica degli utenti. Senza dimenticare l’impronta ambientale delle singole modalità considerate, il consumo degli spazi e dei relativi usi qui non analizzati, come quelli sociali e ricreativi, oltre che di benessere, laddove corredate di aggiuntive funzioni come quelle ecosistemiche, garantite dalla presenza di una significativa dotazione vegetazionale.

Conclusioni – Trascurando le variabili non esaminate, ma coscienti della loro importanza e del loro valore in termini di pianificazione, la funzione che ha avuto la maggiore attribuzione spaziale, cioè l’automobilistica, si rivela la meno efficace, soprattutto se rapportata alla fruizione di residenza e ancora di più di commercio, massimamente presente lungo il tracciato. Le altre opzioni trasportistiche rivelano invece una ben più alta “confidenza” con l’intorno attraversato, soprattutto quello commerciale, ma hanno lo spazio minore. L’approccio di lavoro da privilegiare è sicuramente quello integrato, con più mezzi che concorrono a completare l’offerta di mobilità; dove però quelli per lo spostamento di “ultimo miglio” vanno assolutamente privilegiati a scapito e in sostituzione di altri meno efficienti, e non in affiancamento a questi o peggio ancora relegati in spazi residuali, se e dove avanzano, rispetto alla prioritaria assegnazione delle funzioni. A tal riguardo, l’approccio della piramide rovesciata sembra il più pertinente.

 

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