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La generazione futura siamo noi!

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Inutile fare finta di niente: il bla-bla-bla di Greta aleggia nell’aria alla Conferenza dei G20 di Roma, tanto da costringere il Primo ministro italiano a chiudere i lavori con un richiamo all’impegno al fare: “Saremo giudicati da quello che faremo”. Poche chiacchiere, dice. Peccato che a leggere documenti qua e là, molti dei verbi utilizzati siano declinati tutti al futuro, pochi al passato. Certo, ci mancherebbe, un documento di intenti non può suonare diversamente. Però i ben 8 “dobbiamo” contenuti nella breve relazione di sintesi di Draghi credo siano uguali a quelli pronunciati nelle precedenti COP, a cominciare dalla parigina del 2015 (dov’ero). “Abbiamo fatto questo e quest’altro e abbiamo raggiunto questi obiettivi”: sono le affermazioni che credo non sentiremo venire da Glasgow, semplicemente perché non si possono raccontare bugie. Al limite si dirà, più verosimilmente: “Abbiamo fatto, ma è stato troppo poco”. Che poi alla fine non si capisce mai bene “chi” debba fare e soprattutto “cosa”, per non dire “come”. Invece io credo di aver capto bene “per chi”, con un dettaglio che non è di poco conto e che rende la situazione ancor più grave di come la si sta prospettando: per le future generazioni, sì certo, solo che le future generazioni siamo già noi!
Il punto di un presunto non ritorno, rispetto a parecchie variabili, non è fra decenni, ma è domani, anzi, forse ci siamo già dentro (l’overshoot day ce lo ricorda ormai da troppi anni). E allora non mi spiego come mai nel nostro piccolo, che sono le nostre città, non si sia ancora cambiato rotta, ma di 180°, su alcuni settori, come la mobilità, il verde pubblico, l’energia, l’acqua, i rifiuti, il territorio. Si continua a navigare nella stessa direzione, verso l’abisso, come se ad andare in senso contrario debbano farlo “altri“. Siamo in grado di dimezzare da subito l’uso dell’auto in città e conseguentemente lo spazio occupato dai parcheggi? Di piantare 4 alberi a testa fino al 2030 (che, ad esempio, per Pescara sarebbero quasi mezzo milione di alberi)? Di riciclare gli scarti organici urbani (20 mila t a Pescara) per produrre compost, senza necessariamente passare per il biogas, per fertilizzare i campi agricoli urbani e suburbani utili per nutrire la città? Siamo in grado di risanare i corsi d’acqua, a cominciare dal fiume, restituendo loro gli argini e le sponde?
Potrei continuare, ma non vorrei perdermi anch’io nel profondo solco del bla bla bla.
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