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La gogna nel cantiere

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Il mio nome campeggia sul cartello issato all’interno del cantiere dove si sta realizzando, a fianco di Via Pantini e  per una lunghezza  di poco oltre 600 metri, il tratto terminale sud del cosiddetto “Pendolo“, il tutto dentro i confini  dell’area protetta Riserva Naturale Regionale “Pineta Dannunziana”. Un cartello che di cantiere proprio non è, come si è inteso far passare, messo lì si suppone al fine di ostentare l’attribuzione della responsabilità  dell’opera. I veri cartelli di cantiere, con i nomi della ditta, dei responsabili dell’intervento ai diversi livelli: progettazione, direzione lavori, sicurezza, ecc., gli importi, i termini di esecuzione e altro, sono posizionati all’esterno del cantiere, a nord e a sud dell’area interessata.
A cosa serve quindi questo pannello informativo, che è mancato poco si trasformasse in pieghevoli da distribuire ai cittadini per informarli “sui fatti e sulla storia degli avvenimenti“? Forse per sottolineare il ruolo di terzietà e di estraneità dell’ente attuatore al processo decisionale che si sta portando avanti con il compimento dell’opera? Difficile, tanto l’accanimento visto nel mantenere la condotta che si è assunta fin dall’inizio, da quando lunedì 31 maggio 2021, nottetempo, le maestranze dell’impresa e i referenti dell’Ente appaltante si sono chiusi dentro il recinto della Riserva, serrando i cancelli con filo di ferro, per abbattere indisturbati gli alberi presenti lungo il percorso stradale di progetto, prim’ancora di posizionare la rete di cantiere.
Accanimento che pochi mesi fa si è perpetrato anche sul piano legislativo quando, per recuperare un impedimento procedurale causato dal mancato rispetto di una norma regionale, circa la trasformazione non autorizzata di bosco (e la Riserva tale è), si è   provveduto a integrare la LR 3/2014 “Legge organica in materia di tutela e valorizzazione delle foreste, dei pascoli e del patrimonio arboreo della regione Abruzzo“, laddove a consolidare l’enunciato si è ritenuto di poter aggiungere all’art 31 (Trasformazione del bosco) l’art. 31 bis che prevede, appunto, la misura della “autorizzazione in sanatoria” di quanto irregolarmente realizzato, con una ammenda e con l’adozione di misure compensative. E così Regione e Comune hanno spianato al Pendolo che nel frattempo era diventata strada  tortuosa e accidentata, se non impercorribile. Peccato sia sfuggito a tutti l’art 15 della stessa norma che prevede, in caso di aree protette quale la Riserva è, che le misure di sanatoria e compensative non siano materia regolamentare a cui rimandare la risoluzione del conflitto, prevalendo, si afferma nell’articolo, “le prescrizioni contenute nella normativa e negli strumenti di pianificazione e regolamentazione vigenti per l’area protetta o il sito”, ovvero il PAN. Niente misure di sanatoria, quindi, come anche quelle compensative, valendo addirittura, in caso di infrazione, il ripristino dello stato dei luoghi. Ma al controllore e al controllato questa lettura risulta poco gradita mentre molto più agevole appare la realizzazione dell’opera, dovunque e comunque essa si faccia.
Vedere, ogni volta che transito lungo la ombrosa via Pàntini per recarmi al lavoro, il mio nome insieme al coordinatore dell’epoca (13 anni fa) della redazione del PAN e indefiniti “altri” trascritti sul “presunto” cartello di cantiere, nel mentre le opere vengono portate a termine, riempie il mio cuore di profonda tristezza e dolore, se non rabbia per non aver saputo diversamente difendere, una mattina presto, quel lembo di bosco da ruspe irregolari e motoseghe non autorizzate, poi diventate per legge legali e a norma.
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