Monopattini e bici: e allora, qual è e dov’è il problema?
PESCARA – Non ci sto per niente a a destare ulteriore allarme nei confronti dei monopattini, soprattutto elettrici, che siano in condivisione (sharing, come si dice) o di proprietà (ne ho usato uno die primi, e con grande soddisfazione, tornando in treno in città in tarda serata e non trovando un bus disponibile per casa).
Invece qui tutti a ricacciare indietro la novità, l’ospite inatteso, scomodo, che disturba la tranquillità del traffico. “Targa, assicurazione e caso” ci vogliono, per mettere in riga la tavoletta impazzita (tra l’altro alcune di queste misure sono già in vigore)!
Il monopattino, free-floating o di possesso che sia, è invece una sveglia in piena notte, uno schiaffo improvviso, una scossa elettrica che come minimo dovrebbe farci dire: “Cosa sta succedendo? Dove sono? Chi è stato?”.
Io solitamente mi sposto in bici (e ne avrei da dire su quanto, con questo mezzo, sia disagevole e pericoloso spostarsi in città chiaramente automobilistiche); ma se usassi il monopattino, rifletterei su questi punti di impatto:
- SPAZIO: viene occupato in modo irrisorio, sia in movimento che da fermo. La tavoletta sarà lunga un metro che con la larghezza delle spalle di chi ci va sopra fanno 0,5 mq;
- INGOMBRO: da fermo, parcheggiato, diciamo … 0,3 mq? (un’auto, ad esempio, 10 mq!);
- TEMPO: la ricerca del mezzo e lo sblocco con l’app. A 20 km/h si gira una città media in lungo e in largo;
- RUMORE: inesistente, dato che il motore è elettrico;
- EMISSIONI: zero, almeno al momento dell’uso (non so da dove provenga l’energia immagazzinata nella batteria: forse da combustibili fossili? Ma questo vale anche per le bici e le … auto!);
- ECONOMIA: non bisogna acquistare il mezzo, se si vuole, ma solo pagare la funzione di trasporto (per l’auto si acquista il mezzo);
Allora, cos’è che da fastidio di questo mezzo, come forse anche delle bici o più di recente delle moto, nella loro formula in “sharing” (o in proprietà)? Eppure in città ce ne sono appena 500, e per adesso un centinaio di moto elettriche, rispetto alle 70.000 (SETTANTAMILA) auto parcheggiate dovunque, in ogni angolo di strada, nelle piazze minori, sulle aiuole, sui marciapiedi e ovviamente in doppia fila. E nessuno protesta?
Cosa ci è successo? Ci piace vivere in un grande garage all’aperto dove con l’auto ognuno fa quello che vuole, nel modo che vuole (nella foto un ampio marciapiede alberato, Via Marconi angolo Via De Nino, ormai parcheggio auto), e nessuno si lamenta?
Mentre se un monopattino, su strada o su pista ciclabile, “sfreccia” a 20 km/h (figurarsi che velocità, visto che Marcell Jacobs, a piedi, ha vinto i 100 metri a 40 km/h!) si scomoda il “pericolo di vita”? Come anche accade se “qualcuno” e “qualche volta” in bici fa qualche tratto contromano, o passeggia sul marciapiede, solo lungomare, tra l’altro (attenzione: io non giustifico le infrazioni!)?
O forse è piuttosto la città che deve adeguarsi, ma non ci riesce o non vuole, a un nuovo modello di mobilità, a nuovi scenari urbanistici, ridisegnando la strada, bene comune, per nuovi mezzi di trasporto, dando a questi il proprio e necessario spazio di manovra?
Non è forse l’auto il vero problema, che occupa ettari e ettari di territorio soprattutto da ferma, a motore spento (oltre 175 ettari/quasi 250 campi di calcio!), che invece andrebbero ridate a mezzi alternativi e sostenibili? E visto il loro basso ingombro, ne avanzerebbe di spazio per il verde!
La prima cosa che ho notato, quando ho usato la tavoletta motorizzata, è che ha bisogno, per via delle sue piccole ruote, di un fondo stradale adeguato, come anche le biciclette: entrambe hanno bisogno della qualità del tracciato, che non è solo l’asfalto senza buche, ma anche l’intorno che ne accoglie il movimento. Come d’altro canto accade per il pedone.
Cerchiamo di dare maggiore spazio a questi mezzi, allora: facciamo risvegliare il nostro sguardo da un torpore di monotonia visiva in cui sono immersi anche tutti gli altri sensi, per cui non ci accorgiamo più dell’assurdità dei luoghi del vivere quotidiano, da cui non ci distoglie neanche l’esperienza della libertà di movimento, che la tavoletta magica, la bici e l’andare a piedi ci garantiscono, al 100%, e che invece è l’ultima delle caratteristiche dell’auto, tra l’altro solo nelle pubblicità, ma paradossalmente una di quelle che ne assicura la massiccia vendita.
Il “re è nudo”, mi viene da gridare. E lo grido: IL RE E’ NUDO”, e l’Amministrazione bene fa a sostenere la diffusione di questa mobilità, ma con altrettanta consapevolezza dovrebbe ridurre l’altra: facile intuire quale!