Per una nuova città sostenibile
Che si debba ripartire da dove ci eravamo fermati, ci può stare, ma che si debba continuare nello stesso modo non sembra una cosa saggia. Ma forse neanche possibile, perché nel frattempo parecchi fatti sono accaduti e molte situazioni sono cambiate.Perchè invece, non riprendere le fila del nuovo che stava avanzando e dargli una nuova veste, una rinnovata sostanza, in sostanza la precedenza?.Lo stato di cambiamento non riguarda solo alcune situazioni di evidenza oggettiva: il blocco del traffico, e quindi strade silenziose (ci avete fatto caso? E’ scomparso il rumore di fondo), un cielo più terso e un’aria più leggera (complice, ahinoi, le scomparsa dell’inverno), ma soprattutto grandi spazi vuoti e orizzonti urbani inconsueti, se non addirittura sconosciuti (non vi sembra che molte cose non servano a niente, siano sprecate?).Il cambiamento, pensiamoci bene, forse è accaduto soprattutto dentro di noi, causato da una grande emergenza sanitaria e dai relativi provvedimenti di limitazione degli spostamenti che ci hanno proiettati dentro uno straordinario laboratorio e ad un grande e irripetibile esperimento. E’ cambiata la nostra percezione della realtà. Ad osservare con attenzione da fuori, al di là del rammarico e del dolore per quelli che non ce l’hanno fatta, i primi risultati potrebbero portarci ad alcune iniziali considerazioni:
- i cittadini si muovono diversamente: fanno attività fisica, vanno molto a piedi e in bici, cosa consentita per adesso particolarmente per la spesa, se di prossimità;
- non c’è più bisogno di utilizzare sempre e ad ogni costo l’automobile per brevi spostamenti: e infatti le macchine sono ferme ai lati della strada a fare quello che fanno la maggior parte del loro tempo, cioè stare parcheggiate;
- molti hanno scoperto che quello che ci serve è vicino casa e che l’”economia di vicinato” non è una chimera ma una faccenda curiosamente seria e molto concreta;
- muoversi a piedi ed in bicicletta, senza l’auto per capirci, valorizza e favorisce la frequentazione di una miriade di piccoli negozi di quartiere (tra l’altro ora fortemente colpiti dalle chiusure);
- molti dei negozi, terminato il lockdown, domani riapriranno, ma vivranno solo se riscoperti da quei cittadini che ora cercano intorno casa quello che prima cercavano nei lontani centri commerciali (grande spesa = grande spreco);
- è scoppiata la consegna a domicilio della spesa, e tanto altro, tramite bici (bike o cargobike che sia), e questo non fa altro che sostenere il commercio di prossimità (in altre parole: micrologistica intelligente ed innovativa);
- nonostante il “distanziamento sanitario”, riprende vita la relazione sociale che, partita dai balconi, potrebbe ora essere molto agevolata dall’uso della bicicletta e dall’andare a piedi (vista la promiscuità per il bus ci vorrà del tempo).
Le città potrebbero vivere una nuova giovinezza se solo le amministrazioni, a cui è demandato il compito di pianificazione e di governo, fossero più attente a certi segnali che arrivano dal futuro e che questa enorme tragedia, di ordine planetario e che coinvolge tutti, ci sta inviando in modo chiaro, netto ed inequivocabile.