Che il legno resti materia
Abbiamo consultato le attuali norme vigenti in materia, dalla Legge 21 novembre 2000, n. 353: “Legge-quadro in materia di incendi boschivi”, alla Legge 14 gennaio 2013, n. 10: “Norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani“, e finanche L.R. 4 gennaio 2014, n. 3: “Legge organica in materia di tutela e valorizzazione delle foreste, dei pascoli e del patrimonio arboreo della regione Abruzzo“, ma tutte rimandano ai PAN vigente, dove non vi è riferimento alcuno a tale pratica.
Ma quand’anche fosse, si tratta di un obbligo o di un’opportunità? In entrambi i casi, quale sarebbe la posizione del Comune, nel gestire un patrimonio pubblico, che è della collettività, nei confronti dell’impegno che invece è tenuto ad assumere dal Piano d’azione per la sostenibilità ambientale dei consumi nel settore della Pubblica amministrazione a cui i Comuni italiani sono chiamati e tenuti ad aderire e a dare il loro contributo, dove la parola combustione non è mai citata? Soprattutto con l’adozione del codice degli appalti, applicato con evidente disinvoltura in sede di adozione dei Criteri ambientali minimi, assolutamente esclusi dalla considerazione progettuale di gestione dell’esbosco.
Alla luce del fatto che nel caso in esame si è di fronte ad una Riserva Naturale, cioè un’area protetta, e non un bosco coltivato destinato a produrre biomasse (né tantomeno ad una grande isola verde spartitraffico), logico sarebbe che il materiale legnoso rimosso venisse trattato con una coerente considerazione economico-ambientale, soprattutto legato al fatto che il legname costituisce un immenso serbatoio di CO2 assolutamente da non immettere in atmosfera. Come?
L’approccio sostenibile traccia la strada: il legname, che rimane tale e che quindi diventa risorsa, può essere trasformato in opere per la messa in sicurezza del territorio, oppure usato nel settore dell’edilizia di arredo verde, con tavoli, panchine, pannelli, capanni, giochi, manufatti vari, oppure opportunamente cippato come materiale pacciamante nella gestione del verde pubblico, ovvero compostato per restituire sostanza organica al suolo e continuare a fungere da substrato di cattura della CO2. Tutti i parchi e i giardini urbani, presenti e futuri, come il Parco centrale, ma anche tutta la riviera e gli assi viari della città potrebbero essere interessati da detti usi, costituendo tra l’altro una grande occasione occupazionale di tipo artigianale per dare luogo ad una esposizione artistica e turistica di richiamo: la Riserva rinasce nell’arredo della città e nella sua vocazione turistica e ambientale.