Cronache da futuro

Nuova Pescara: un conto particolarmente salato!

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Pescara, 21 marzo 2032

Difficile abituarsi all’acqua alta, l’AquaGranda come il decennio scorso la chiamavano a Venezia; così come è vano illudersi che questa cosa qui finisca presto e tutto torni com’era prima, solo qualche anno fa. Ormai gli stivali sono obbligatori per attraversare Piazza Salotto,  anche se le passerelle in legno consentirebbero di spostarsi da una parte all’altra senza bagnarsi.

Ma per fare cosa? Solo i residenti resistono ancora, anche se non si può rimanere sempre a casa, ai piani alti. Negozi non ce ne sono più: ai bar che avevano già chiuso lo scorso anno, ora si è aggiunta la farmacia. Inutile attendere la bella stagione: l’acqua si ritirerà un po’, ma non tanto da lasciare margini di manovra per ipotizzare di tenere in piedi l’attività economica.

Oltre via Carducci e Via Regina Elena la riva del mare non va: il Parco Florida a nord è sempre allagato, come anche i giardini della ex Piazza 1° Maggio e di Villa De Riseis più a sud: la vegetazione mal sopporta questa condizione di asfissia radicale, ma soprattutto la falda salata, e presto sparirà.

Il lungomare e l’intera spiaggia nel giro di pochi anni sono diventati un lontano ricordo, come anche gli stabilimenti balneari. Nessuno si aspettava che il punto di non ritorno giungesse così in fretta, in dieci anni. E’ accaduto così rapidamente: eppure l’avevano detto!

Il parcheggio interrato sotto Piazza Primo Maggio è stato un azzardo irresponsabile: costruito in pochi anni per intercettare le auto e stiparle nel sottosuolo aveva comunque mantenuto alto il flusso di traffico in entrata e in uscita dai tunnel. Alla fine c’ha pensato il mare ad eliminare problema. Come anche il nuovo porto, pensato, progettato e realizzato per accogliere le grandi navi da crociera, che adesso avrebbero il fondale sufficiente, peccato manchino le banchine di attracco.

Anche quest’anno l’inverno non si è fatto vedere, tranne che con qualche sfuriata isolata. Si entra in primavera dall’autunno, ormai con il timore consolidato che qualche rovescio di violenza  sempre meno inusuale tornerà a fare visita alla città.

L’odore di acqua salata lambisce le strade che guardano il mare, invade i cortili e gli androni e si arrampica lungo le pareti dei palazzi e i corpi scala: accede nelle case, negli appartamenti senza bussare. Nella bella stagione entra direttamente dalle finestre e l’umidità lambisce i pavimenti dei piani alti. Il patrimonio immobiliare dell’intero litorale dovrà essere abbandonato: migliaia di persone che dovranno trovare una nuova dimora, ma difficile dire dove.

La Nuova Pescara, a neanche cinque anni dalla sua costituzione, doveva significare altro: poteva essere un nuovo approccio alla sostenibilità, un nuovo modo di intendere il territorio, gli spostamenti, la mobilità, i rapporti sociali, la diffusione dei servizi. Ora la città è costretta a arretrare, ripiegare nelle retrovie, spinta dal mare e dal fiume verso l’entroterra collinare, reinterpretando spazi e confini.

Un vento venuto da lontano, ma annunciato da tempo e a cui non abbiamo voluto credere, ha portato il conto della nostra estenuante e presuntuosa distrazione: un conto particolarmente e insolitamente salato.

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