Dalla Riserva Dannunziana all’Ospedale:
4 km di impresa ciclistica.
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Lungo la strada per l’ospedale, in bici, a partire dall’uscita nord della Riserva Dannunziana, davanti l’Aurum, si incontrano più o meno queste situazionI (cronaca di un paio di giorni fa).
Lungo Via della Pineta la pista ciclabile bidirezionale in sede propria assegna, per 300 mt, un prezioso spazio dedicato solo alle due ruote. All’intersezione con Via Pantini il sogno svanisce e si viene immessi lungo un tracciato di altri 300 mt di presunta “zona 30”, a cui però mancano tanti requisiti per tale denominazione, fino alla rotatoria con via Marconi – Viale Pindaro. Il grande pittogramma orizzontale del numero 30 cerchiato di rosso, affiancato da quello ormai sbiadito marginale della bici, a cui fa eco la segnaletica verticale sono ormai solo elementi cromatici di arredo, senza risvolti normativi.
Superare la mega rotatoria richiamata è la prima grande prova di rischio per la propria incolumità. La seconda uscita a sinistra immette sulla pista ciclabile mono-direzionale che porta a Piazza Ovidio. E’ il tratto più sporco di tutta la carreggiata di Viale Pindaro, piena di rami, foglie e scarti vari dove transitano solo le bici. Arrivati, dopo 500 mt, davanti la sede dei Vigili del Fuoco, non si capisce perché la pista devia e diventa una sbiadita traccia sul marciapiede, e poi svanisce dentro il piazzale antistante l’ex Caserma Di Cocco.
Piazza Ovidio è un parcheggio dove sono stati ricavati 20 posti auto, segnati a terra, ma dove ci parcheggiano in 44, magari anche oltre se ci si stringe un po’. In fondo, vicino all’uscita, un anonimo eco-mobility point fa mostra di se, nella sua solitudine funzionale: non ho mai visto nessuno armeggiare lì intorno, neanche a legarcela una bici.
Superati gli scivoli all’intersezione con via Virgilio, ci si immette su Via Dannunzio. Bisogna evitare di prendere subito la ciclabile sul marciapiede per via di una interruzione presente nei pressi di un palazzo in costruzione da oltre un anno, per cui non è stata prevista alcuna deviazione.
Gli 800 metri successivi di corsia ciclabile promiscua, dalla pavimentazione rosso mattone ormai slavato, sono una successione di incroci, alcuni semaforici ma non per bici, e continue imperfezioni di fondo, che obbligano ad un’andatura piena di sobbalzi e ondeggiamenti.
L’incrocio con Via Conte di Ruvo è sempre stato di dubbia interpretazione: si passa con i pedoni se sei sulla corsia ciclabile, oppure passi con le auto se stai un metro più in là, in strada.
Da queste parti è appena transitato il Giro d’Italia, e dall’incrocio fino a via De Gasperi l’asfalto è stato rifatto e anche le linee, bianche. Le corsie ciclabili no. Ovvero, è rimasta solo la segnaletica verticale. Dal giornalaio a San Cetteo la presunta corsia è un parcheggio di automobili. Superato l’incrocio con Via dei Bastioni, sempre la presunta corsia ciclabile sembra portare diritto dritto dentro lo spazio occupato da circa 12 automobili, davanti Piazza Garibaldi. Per la verità si intravvedono le tracce di un vecchio improbabile percorso che portava inverosimilmente dentro lo slargo del condottiero dei due mondi.
Sul Ponte Dannunzio, a salire, stessa musica: segnaletica verticale per le bici, presunta corsia a terra e auto parcheggiate. Tratto tranquillo in discesa fino alla rotatoria di Piazza Martiri Dalmati e Giuliani: asfalto rifatto, corsia svanita. Si esce alla seconda uscita: via De Gasperi.
Qui, con la corsia ciclabile si possono fare scommesse, su quante automobili ci saranno parcheggiate, e conviene puntare alto, al massimo: 50 metri, 10 auto, fisse.
Fino all’ospedale, dal sottopasso ferroviario, si va come vasi di coccio tra vasi di ferro, sperando di non rompersi, vista anche la destinazione.
Superato il varco di ingresso, direzione accettazione, la cosa da fare è trovarsi un palo o una ringhiera, se si è fortunati, perché nonostante il luogo rimandi all’idea di spazi protetti e salutari, l’area trabocca di automobili, parcheggiate dovunque, finanche sui marciapiedi, e di rastrelliere per le bici neanche l’ombra.
Terminata la visita, c’è da tornare indietro, per 4 km, per la stessa impresa. Ciclistica.