La leggera presenza dell’altro
Sono in giro per altro. E nell’intento di farlo, una scena attira la mia attenzione, alle mie spalle.
L’altro, in apparenza libero da una stabile e abituale dimora, seduto su una bianca seggiola, di fianco ai mezzi di sostegno alla sua locomozione e con a fianco il suo attuale compagno di vita, un cane, si è messo al riparo dalla pioggia, sotto un porticato. Indossa abiti scuri, un berretto grigio e ha una barba folta. Il cane emerge da sotto una coperta con la testa ornata da una coroncina fermacapelli e un paio di occhiali, montatura metallica, tondi, tipo quelli di John Lennon.
Una sedia a rotelle, una stampella blu con vari oggetti personali e coperte, diverse borse e buste che probabilmente contengono i suoi effetti personali. Si guarda intorno, osserva la vita che gli passa davanti.
E a me passano davanti i pensieri, sui valori della dignità umana, della precarietà, della vicinanza a chi ha bisogno, della resistenza e del cedimento di fronte alle difficoltà, dell’invisibilità sociale di chi vive ai margini, sul come creare società più inclusive, sul valore della compassione, e sull’importanza del supporto sociale per le persone più vulnerabili, ecc. ecc.
Scatto, rubo, un paio di foto, indugio nell’inquadrare la scena. Forse lui avrebbe anche sorriso o si sarebbe anche messo in posa. E’ curioso che un po’ mi vergogni, quando invece potrebbe essere lui a sentirsi a disagio o infastidito per essere assimilato ad un paesaggio.
Torno a casa, controllo l’immagine, centro il soggetto, sfoco lo sfondo. Anche se sta guardando da un’altra parte, nascondo il suo volto: ho timore che nella foto giri improvvisamente gli occhi verso di me e mi veda, mi sorprenda e mi rivolga la parola, quasi a volermi coinvolgere nella sua condizione.
Ma molto probabilmente i suoi pensieri sono altrove, come lo sono i miei, che osservo la scena dalla mia abituale e stabile dimora.